Depressione maggiore e DCA: remissione sintomatologica in una storia di depressione in comorbidità con bulimia nervosa

PRESENTAZIONE E STORIA CLINICA

A., giovane donna di 24 anni, arrivata alla mia osservazione durante un percorso di psicoterapia individuale a orientamento psicoanalitico che durava da un anno e mezzo e in terapia psicofarmacologica con antidepressivi e benzodiazepine (alprazolam, fluoxetina e citalopram) per una sindrome depressiva con riferita bulimia nervosa, senza tuttavia significativi benefici degni di nota. La paziente riferiva l’insorgenza della propria psicopatologia all’età di 18 anni, epoca in cui ha cominciato a lamentare deflessione del tono timico, livelli significativi di ansia libera e somatica, insonnia iniziale e centrale con conseguenti difficoltà a chiudere il percorso scolastico superiore, viste le condizioni psicopatologiche. Progressivamente, ha poi iniziato ad avere episodi bulimici, inizialmente saltuari e solo serali, successivamente aumentati fino a una media di circa 8-10 episodi di abbuffate e vomito autoindotto alla settimana, negli ultimi 12 mesi. Sulla base di questa frequenza, il livello di bulimia nervosa della paziente è stato classificato come “grave” secondo i criteri del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5) (8-13 episodi a settimana). La valutazione clinica, data dal punteggio sul questionario per l’esame dei disturbi alimentari [EDE-Q; (30, 31)], confermava la gravità della malattia. Alla prima visita, la paziente pesava 77,40 kg [indice di massa corporea (BMI) = 32,22 – obesità di classe I] con un’altezza di 155 cm. Nel riferito delle condotte, A. segnalava utilizzo sporadico di lassativi o diuretici, era amenorroica da 6 mesi e descriveva intensa paura di ingrassare, tendenza ossessiva nei confronti del cibo (contava le calorie e, al contempo, si abbuffava sia di giorno sia di sera senza ordine di gruppo alimentare, con incapacità di scartare gli alimenti non consumati).